PERSONA PERBENE
L
CONFORMISMO TI ADORO!
La relazione con il prossimo sarebbe uno stimolo, un completamento, una meraviglia, se non fosse alterata dai pregiudizi, dalla superficialità, dall’ignoranza, dalla volgarità, dall’ipocrisia, dalla manipolazione, dallo sfruttamento, dall’egoismo, dall’invidia… E siccome le persone vengono indottrinate alla competizione, fanno a gara a chi è peggio!
Così è perché sono malate. Il profitto è la loro malattia. E il denaro, che ne rappresenta la manifestazione più immediata, è la droga che ha fuso loro il cervello. Non pensano ad altro. Vivono per quello. Dalla mattina alla sera lottano per appropriarsene. Se ne sono sprovviste si indebitano o ricorrono al malaffare. Quando ce l’hanno lo spendono. E tutto questo perché sanno essere solo ciò che posseggono.
Nella società del profitto tutti vendono qualcosa. Se però i compratori avessero gusti, aspirazioni, bisogni differenti, potrebbero scegliere e l’imprevedibilità è un rischio da evitare in un’economia che deve crescere all’infinito. Ecco perché quando guardiamo la televisione, ci distraiamo con i social o ascoltiamo la radio, veniamo tempestati da messaggi che propinano sempre i medesimi valori, bisogni e scopi. In questo modo, manipola oggi, manipola domani, si crea l’opinione pubblica. La fidelizzazione è il primo obiettivo di ogni bravo mercante!
Dal Taylorismo in poi la pratica è stata utilizzata anche in ambito sociale per creare individui disciplinati, prevedibili e obbedienti, nonché lavoratori zelanti e consumatori infaticabili. Si chiama pensiero dominante ed ha il merito d’aver cancellato le diversità. Siamo ormai talmente programmati che quando gli automi ci sostituiranno, saranno più umani degli umani.
Laddove la manipolazione proselitistica non funziona, intervengono la sociologia, la psicologia e tutte le altre –ia che distinguono fra normalità e anormalità. Normale è colui che obbedisce alle regole. Anormale è colui che non si adatta agli standard etici e comportamentali della comunità di appartenenza. È un divergente che rifiuta di sottostare al dogma dell’obbedienza e come tale o si redime o deve essere eliminato dal consesso sociale. Ecco perché la propaganda e la legge lo assimilano al pericoloso sociopatico. La collettività deve temerlo, deve emarginarlo, se necessario eliminarlo. Siamo ancora al buon vecchio chi non è con noi è contro di noi! 1. Il fascismo non si è mai estinto. Si è solo fatto furbo per cambiare colore politico in base alla convenienza.
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Il manicheismo conformista rifiuta il confronto con il ribelle perché rappresenta il giusto che non è. Ne disprezza la purezza. Ne irride la sincera moralità. Ne esalta la pericolosità. Lo restituirebbe al mito ardendolo nel fuoco o mozzandogli la testa se non fosse tanto ipocrita. Ai suoi occhi si è o non si è persona perbene. Si è conformi al senso comune, di cui la norma è sublimazione, oppure no. Senza domande. Senza dubbi. Interrogarsi sarebbe già un imperdonabile atto di insubordinazione poiché l’ordine, e qui la suggestione diventa ipnosi collettiva, è sempre legittimo perché legittima è l’autorità che lo emana. Che sia Dio, lo Stato, l’economia, la scienza o chi per esse. E così il bravo cittadino è colui che obbedisce senza riserve qualunque sia il contenuto e la fonte dell’imposizione, orgoglioso che anche la propria dignità venga definita dal tiranno.
La legge è lo strumento con cui l’autocrate maneggia il suddito. Una volta veniva intimata, in epoca di sofisticazione manipolatoria viene spacciata come volontà del popolo nell’interesse del popolo. Facile però dimostrare che essa non è mai ispirata dal bene comune, bensì dalla ragion di stato. Che spesso consiste nel tributo2 imposto con o senza violazione. E quando capita che gli interessi coincidano, è perché ogni tanto anche una ciambella può venire con il buco.
A chi invece sostiene che la norma sia sempre legittima perché sub judice in quanto soggetta alla garanzia del controllo costituzionale, è sufficiente ricordare che i giudici della Suprema Corte sono tutt’altro che autonomi e indipendenti. Vengono infatti nominati dal Presidente della Repubblica, che quella ha sottoscritto, dal Parlamento, che quella ha promulgato, dalla magistratura, che quella deve far applicare3. Non vorrei aggiungere altro perché parlare degli stipendi a sei cifre che prendono per assecondare la loro volontà può sembrare qualunquistico.
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Messi alle corde, i legalisti giocano l’ultima carta: il voto. La frase che pronunciano è sempre la solita: «Eh, ma voi avete votato!» Che tradotta significa sia che il voto legittima le decisioni della politica, sia che: «Li hai votati tu, che cavolo vuoi?»
Tanto per cominciare non tutti votano. Ad esempio, io ho votato solo a diciotto anni, giusto per vedere come funzionava. Ed è funzionato bene visto che il candidato scelto è stato arrestato per tangenti due mesi dopo.
In secondo luogo, come non notare che nelle ultime elezioni ha partecipato circa il sessanta percento degli aventi diritto. In quelle precedenti il settanta. Probabile che alle prossime sia inferiore alla metà. Di questa quota vince la maggioranza. Ciò significa che il governo è sempre la volontà di una minoranza dell’intera popolazione. Ora, la matematica non è il mio forte, ma essere preso per il culo non è la mia aspirazione!
Solo l’eletto, un suo stipendiato o un suo cliens4 possono affermare che il voto non sia una finzione. È una finzione perché nessuno ha mai accettato l’ordine politico e le sue regole. È una finzione perché i media manipolano la massa in cambio di finanziamenti. È una finzione perché quando la scelta dei candidati è predefinita si chiama imbroglio. È una finzione perché il voto è una delega in bianco in virtù della quale la politica agisce come vuole e senza conseguenze. È una finzione perché non ci si candida e si fa campagna elettorale senza denaro o senza colludere col malaffare e in pochi, anzi pochissimi, posseggono il primo e sono capaci del secondo.
Potrei proseguire con l’elenco, ma qui mi fermo per concludere rilevando che il perbenista è solo un dissimulatore che si riempie la bocca di paroloni, sofismi e moralismi perché teme che la libertà degli altri possa ostacolare il suo profitto. Che di per sé avrebbe anche una sua logica. A parte il profitto, naturalmente.
Il conformismo è una scelta utilitaristica conservativa pervertita d’ideologia ostile. Se collettiva, come nel caso del pensiero unico, addirittura spietata. Il dito dei benpensanti è sempre puntato, il giudizio sempre solerte, la pena sempre crudele nei confronti di coloro il cui spirito e la cui condotta divergente possono turbare la stabilità. Chi rispetta la legge non è quindi una persona perbene, bensì un complice del sistema delinquenziale. Perché il vero crimine non è violarla, quanto imporla per utilità impedendo alle persone di essere se stesse e definire regole proprie.
Per questo eluderla, trasgredirla, ingannarla sono atti morali che riempiono il cuore.
NOTE
*1 Citazione dal discorso di Mussolini del 24.3.1924.
*2 Termine da interpretare nell’accezione utilizzata da Pierre Clastres.
*3 Art 135 della Costituzione.
*4 Chi riceve un favore nella pratica del clientelismo.