10- La giustizia non è Dio
«Okay!» dissi. «Tanto per cominciare la nostra idea di giustizia non è data da un’entità intangibile. Per intenderci: non ci sono comandamenti a cui obbedire per conquistare il Paradiso. Non c’è Dio, nessun Dio che impone cosa è bene e cosa è male.»
«Lo sapevo. È ateo!» gorgoglio sprezzante Manganello.
«Maresciallo, si calmi Forse ha capito male!» osservò il PM. «Sarà mica ateo?» chiese rivolto a me.
«Solo durante la settimana. Il weekend mi dedico all’orto!»
«Ha visto?». Pottutto tranquillizzò l’ufficiale. «Il weekend si dedica all’orto… Che c’entra l’orto?» di nuovo a me.
«Un uomo che non ama la natura, che non apprezza la sua bellezza, che non prova tenerezza per gli animali è un uomo senza spiritualità, un automa incapace di cogliere che nel continuo divenire della vita, seppur per un attimo insignificante dell’infinito, è parte di una meraviglia. “Deus sive Natura” diceva Spinoza». E sospirando: «Non avete idea di quanta trascendenza c’è in una gallina!»
«Una gallina?»
«In un fiore che sboccia o in un ciliegio che fruttifera!»
«In un ciliegio?»
«Ha mai colto un frutto dall’albero e poi lo ha mangiato?»
«Una volta. Una mela.»
«E cosa ha provato quando l’ha morsa?»
«C’era il baco dentro!»
«La mela col baco… sublime!» recitai. «A parte questa personalissima visione eracliteo-panteistica, gli anarchici non credono in una vita a venire. Non possono concepire un’entità che guarda da chissà dove o giocherella con le esistenze come facevamo da bambini con i Playmobil.»
«Ma la mia mammina dice che la fede spiega il mondo!»
«Se lo dice la sua mammina!». Alzai le braccia in senso di resa. «La fede, come lo spiritualismo, nasce da un bisogno di risposte. Ma se quest’ultimo non si stanca mai di cercarle, la prima ricorre a costrutti suggestivi che intontiscono le menti: è una “fantasia dell’immaginazione vestita di onnipotenza”, diceva Elisee Reclus.»
«Dio non intontisce nulla: c’è il libero arbitro.»
«Quindi osserva e giudica? E siamo più tipo film, serie televisiva o reality show? In ogni caso non mi sembra molto consolante! Se gli uomini hanno bisogno di guardare oltre per dare un senso alla cose, confidare nell’irreale è il metodo più sbrigativo per rendere tutto accettabile!»
«Quanto cinismo! La fede è… la fede è un atto d’amore!»
«Non la facevo così sentimentale!»
«E si sbagliava perché metto amore in tutto quello che faccio!»
«Anch’io ci metto tanto amore!» intervenne Manganello che, evidentemente, si sentiva emarginato dalla discussione.
«Come potrei mandare in prigione le persone se non mettessi amore nel mio lavoro?» precisò il PM.
«Perché io nell’estorcerle la confessione?» disse Manganello.
«Perdonate. Mi ero lasciato fuorviare dal pregiudizio!»
«E quando ci metto amore è come se sentissi Dio che mi parla e mi dice: continua così, sono fiero di te!»
«Sicuro non sia il diavolo?» scherzai. «Pensi, però, come siamo diversi: io quando ho bisogno di trascendenza mi dedico all’orto.»
«Ancora quest’orto?»
«Cosa è più mistico di una pianta che cresce dopo averla innaffiata o di un albero che torna a sorridere dopo averlo potato? E poi prendersi cura della natura non è solo spirituale, ma anche piacevole. La sua bellezza, l’armonia, quel senso di essere parte di un tutto… Le piace passeggiare nei boschi?» chiesi al pubblico ministero.
«A volte!» Pottutto rimase vago. «Ma quegli alberi uno accanto all’altro, le chiome che coprono il cielo, quei fruscii misteriosi… non so come spiegarle: mi mettono ansia!»
«Mai camminato a piedi nudi?»
«A piedi nudi? Con tutti i sassi, la mota, le formiche…?»
«Preferisco pensare che Dio zampetti fra loro piuttosto che immaginarlo lassù!»
«Si chiama fede proprio per questo!»
«Si chiama fantasia proprio per questo!» replicai. «Emile Armand diceva che la fede è “un fenomeno di catalessi interiore e sentimentalità mistica”1. Credere nell’ignoto, infatti, sarà molto consolatorio e suggestivo, ma non è meno illusorio dell’idolatrare una sedia, un foglio di carta, una ciabatta, oppure il Quelo2. Capisco chi ha bisogno di conforto e apprezzo le persone spirituali. Ma se cercassero nel fango anziché in cielo, sicuramente l’uomo sarebbe più consapevole. Per non parlare degli effetti devastanti che la religione ha prodotto nella storia… leggiamo Bakunin?»
«Non è che ne senta tutto questo bisogno!»
«Mi creda, è illuminante!»
«A casa lo farò sicuramente!». Pottutto provò a eludere.
Presi il foglio dalla pila. «“È necessario ricordare quanto e come le religioni intorpidiscano e corrompano i popoli? Esse uccidono in loro la ragione, il principale strumento di emancipazione umana, e li riducono all’imbecillità, condizione essenziale della loro schiavitù. Esse disonorano il lavoro umano e ne fanno un contrassegno e una fonte di servitù. Esse uccidono la cognizione e il sentimento dell’umana giustizia, facendo pendere sempre la bilancia dalla parte dei bricconi trionfanti che godono del privilegio della grazia divina. Esse uccidono la fierezza e la dignità umane, proteggendo solo gli esseri servili e gli umili. Esse soffocano nel cuore dei popoli ogni sentimento di fratellanza umana, colmandolo di crudeltà divina”». E prosegue: «”Tutte le religioni sono crudeli, tutte sono fondate sul sangue; perché tutte si adagiano principalmente sull’idea del sacrificio, cioè sul sacrificio perpetuo dell’Umanità all’insaziabile vendetta della Divinità. In questo sanguinante mistero, l’uomo è sempre la vittima, e il prete, uomo anch’esso ma uomo privilegiato dalla grazia, è il divino carnefice. Questo ci spiega perché i preti di tutte le religioni, i migliori, i più umani, i più comprensivi, hanno sempre nel fondo del loro cuore, hanno sempre nei loro sentimenti qualcosa di crudele e sanguinario”.3»
«Non sarei così categorico, la Chiesa fa anche cose buone. Prenda, ad esempio, la mensa per i senzatetto che sta alla fine della strada!»
«Quella è solidarietà» precisai. «Crede davvero che l’uomo non sarebbe solidale col prossimo se non ci fosse la religione? Certo che lo sarebbe! Tutti proviamo pietà e desiderio, quasi un bisogno fisico, di aiutare chi sta peggio. Prima ho citato Malatesta per il quale essa è un principio assoluto, ma Proudhon parla di mutualismo, Kropotkin di mutuo appoggio. La solidarietà è innata in ciascuno di noi. Non ha bisogno di imposizione divina, casomai di un ambiente che la valorizzi». Mi interruppi perché Manganello scuoteva la testa vistosamente. «Non è d’accordo, maresciallo?»
«Pensavo alla pietà…»
«E…?»
«Quando l’arrestato nega l’evidenza… vi giuro, è più forte di me!»
«Non se ne faccia un cruccio. Negli psicopatici è consueto il deficit affettivo!» lo consolai. E perché non replicasse: «Per il momento, comunque, preferirei non dilungarmi sull’argomento.»
«Eviterei di tornarci anche più tardi!» sottolineò Pottutto.
«Come vuole, dottore. Ma se deve essere una confessione, sarebbe meglio fosse completa. Non le pare?».
NOTE
1 – Emile Armand, Vivere l’anarchia, raccolta di articoli del filosofo pubblicata nel 1983.
2 – Culto di un pezzo di legno inventato dal genio comico di Corrado Guzzanti.
3 – M. Bakunin, Dio e lo Stato, 1882.
editing a cura di costanza Gezzi -www.costanzaghezzi.com, costanzaghezzi@gmail.com
Immagine: Pierre Paul Proud’hon, La giustizia e la vendetta divina, 1804