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37- RIBELLIONE: AZIONE DIRETTA

«A proposito di criminali…». Il pubblico ministero riprese a parlare. «Ho qui un fascicolo…». Lo estrasse dalla borsetta. «Pieno di attentati, furti, rapine, reati cybernetici e chi più ne ha più ne metta». Esibì la foto di un traliccio abbattuto. «Guardi questa?». Quella di una camionata di letame su un auto blu. «E questa?». Due mastini in divisa legati nella posizione del sessantanove. «Che gliene pare?». La mostrò a Manganello, che la respinse disgustato.

«Mi state accusando?»

«Non faccia il furbo con noi. C’è la sua firma!». Indicò la A di anarchia disegnata sul sedere di quello che stava sopra.

«Già, c’è la sua firma!» echeggiò il maresciallo.

«C’è la mia firma?» replicai. «Ma io mica mi chiamo A!» rilevai placido.

Le arterie del pubblico ministero esplosero: «È stato lei o non è stato lei?»

«Per caso fa riferimento a quella volta in cui due di loro…», indicai la divisa del maresciallo, «hanno inseguito dei ragazzini e sono entrati nella casa abbandonata a Seano dove hanno trovato un laboratorio e poi è successo che… Non ne so niente!». La avvicinai: «Comunque sono venuti bene!»

«Chi?»

«Gli agenti. Guardi che facce buffe!». E a Manganello: «Non le piacciono?»

«È stato o non è stato lei?»

«No!»

«Sta mentendo!»

«Sì!»

«Allora è stato lei!»

«No!»

«Ma ha appena detto di sì!»

«Era interrogativo: sì?» ripetei.

«Questo è terrorismo!». Pottutto avvampò. «Ci dica chi è stato o…!»

«Si chiama azione diretta» lo corressi. «Per il terrorismo dovete chiedere ai servizi segreti e ai fascisti. Sono i numeri uno!»

«Perché, dar fuoco a una scuola è da…?»

«Era vuota.»

«Stavano entrando gli agenti!»

«Appunto!»

«E frantumare le vetrine dei negozi?». Il PM mostrò le foto del centro commerciale.

«Belle. Sembrano le esplorazioni artistiche a colpi di martello di Simon Berger!1»

«Rapinare le banche?»

«Non sarà un peccato rubare in casa del ladro!». Mi protesi verso di loro e sussurrai: «Non è mia, ma ha sempre il suo perché!»

«Siete dei criminali!»

«Su questo ha ragione» dissi. «E non potrebbe essere altrimenti. Come diceva Kropotkin: tutto è buono per noi quello che non è legalità, perché il Potere si fa le leggi per fare quello che vuole e chi non vuole cosa dovrebbe fare? Gli anarchici rifiutano l’ipocrisia legalista e profanano i suoi idoli con l’azione diretta…»

«Perché c’è anche un’azione curva?»

«Essa è quel complesso di attività realizzate in antagonismo e senza bisogno dell’autorità. Sono i così detti semi sotto la neve che possono crescere e germogliare, come Ward definiva i tentativi antiautoritarii.»

«A me sembra solo violenza!»

«Mentre lo Stato che pretende il monopolio del potere e lo ingiunge con la forza, invece…?» ironizzai. «L’anarchia è stata violenta nel periodo che va dalla fine della Prima Internazionale all’inizio della Prima Guerra Mondiale. Si chiama propaganda del fatto. Numerosi furono gli attentati contro sovrani o importanti personalità politiche come il re di Spagna Alfonso II, il primo ministro francese, l’imperatore tedesco Guglielmo I, lo zar Alessandro II, il re d’Italia Umberto I e così via. Ma era un’epoca in cui si credeva che il fatto insurrezionale potesse penetrare nei più profondi strati sociali e attrarre le forze vive dell’umanità nella lotta che l’Internazionale sostiene, come affermavano il giovane Errico Malatesta e Carlo Cafiero al Congresso di Berna dell’Internazionale Autorititaria2. Non deve stupire: era l’Ottocento e il romanticismo esplodeva esaltando ogni passione sfrenata.»

«Uccidere un re le sembra una cosa passionale?»

«Le garantisco che ci mettevano tanto amore!». Sorrisi. «Sono dovuti passare anni di persecuzioni per capire che il popolo è una categoria sopravvalutata. Lo stesso Malatesta, infatti, ripiegò dalla rivoluzione in modo permanente al più imparziale gradualismo rivoluzionario da attuare pezzetto dopo pezzetto.»

«A proposito di pezzetto, Manganello non è che ha un altro snack?». Il pubblico ministero mi interruppe. «No?». Guardò me. Guardò lui. Guardò me e ancora lui. «Giuri!».

Ripresi: «Oggi è tutto diverso. Ci sono state le guerre mondiali, il capitalismo si è tecnicizzato, l’ipocrisia omologante si è impadronita del buon senso annichilendo la ragione. L’obbedienza volontaria è ormai virtù. Ẻ ingenuo sperare di risvegliare la massa dalla narrazione che identifica l’anarchico con il terrorista…»

«Mi sa che ora spara la stronzata!» sussurrò Pottutto a Maganello.

«Dottore!» esclamai.

«Mi perdoni!» si scusò. «Quando mi cala la glicemia…!». E al maresciallo: «Non ha neanche una caramella?»

«L’anarchico non se la prende più con i re, i primi ministri, i politici. Sa che sono uno strumento. Preferisce costruire realtà autonome e clandestine. E se proprio gli scappa di tornare alle origini, mira le infrastrutture piuttosto che i governanti. Come dice il Comitato Invisibile, il Potere non è più rappresentativo: nessuno lo vede perché tutti ce l’hanno in ogni momento sotto gli occhi: sotto forma di traliccio della tensione, di un’autostrada, di una rotatoria, di un supermercato o di un programma informativo, in quanto è l’organizzazione stessa di questo mondo, questo mondo modellato che ha l’apparenza neutra di una struttura abitativa o della pagina bianca di Google3. Esso opera attraverso meccanismi che non sono più centralizzati, ma frammentati in ogni pratica sociale. Ed essendo più difficile da individuare, da scalzare, da sfidare, bisogna mirare i suoi centri nevralgici. Ma non distruggendoli, cosa impossibile perché sono infiniti, bensì erodendone lentamente la funzionalità. Non si tratta quindi di tracciare un limite in continuazione come sosteneva Goodman, ma di sottrarre controllo mediante azioni mirate, incisive e disgreganti che si organizzino dal basso in alto per mezzo di associazioni indipendenti e assolutamente libere4, di comunità impalpabili, clandestine, intangibili e inconoscibili, che operino nell’oscurità, nell’underground appunto, dove esso non potrà mai accedere.»

«Finito?»

«Direi di no!»

«Allora aspetti che sta glicemia…». Pottutto tirò fuori dalla tasca della giacca una coscia di pollo arrosto e la azzannò. Poi mi sollecitò a riprendere.

«La rivolta può essere individuale o collettiva. Tuttavia non credo nel popolo e tantomeno nella lotta di classe. Il primo è un concetto astratto, la seconda è una fregatura. La rivoluzione presuppone infatti un mutamento, un passaggio repentino, per lo più violento, da qui a là. Oggi siamo una repubblica, domani siamo anarchia. E poi cosa accade se le persone non hanno consapevolezza? Perché la libertà non è una festa, non è un gioco, non è una manifestazione di piazza, come ammoniva Bertolo. Se dietro l’impazienza generosa c’è solo il vuoto culturale e organizzativo, se la fiammata sovversiva che l’esca ha acceso si alimenta solo di confuso malcontento, allora il risultato non è solo negativo, è disastroso, perché il fuoco si spegne con la stessa rapidità e facilità con cui si è acceso5. Quando le masse provano a sovvertire l’ordine costituito, prevale sempre la controrivoluzione. Pensate ai sogni infranti della primavera araba del 2011, oppure Occupy Wall Street sempre nel 2011, o alla rivoluzione greca del 2012, Istanbul l’anno dopo, la Catalogna del 2019, i Gilet gialli nello stesso anno.»

«I tifosi che hanno costretto il governo a riaprire gli stadi durante il covid però…?» eccepì il magistrato.

«Quelle sono le vittorie che contano!» replicai. «E poi quale classe dovrebbe guidare la rivoluzione se gli operai scimmiottano il padrone?»

«Gli intellettuali non hanno niente da fare. Potrebbero…?»

«Sono occupati a celebrare il Potere. Non mi fraintenda: non ho detto che esso li corrompe. Non è che va dal tale scrittore o editore o attore e così via e gli dice: “Ti do i soldi se racconti ciò che voglio!”. Si venisse a sapere, che figura ci farebbe? Semplicemente consente di pubblicare il libro, di distribuire il giornale, di recitare e così via!»

«Sulla scienza scommetto però che…?»

«Già, la scienza!». Glissai con espressione amareggiata. «Sa che una volta essa era sinonimo di progresso? Una volta. Prima che diventasse la Zecca dei Grandi affari

«Suvvia, non sia così pessimista!»

«Non lo sono. Infatti confido negli individui. Individui liberi che si uniscono ad altri individui liberi e tutti insieme creano comunità autogestite che operano in clandestinità lacerando il dominio dal suo interno. Non servono eroi, ma la fratellanza. Soltanto la convergenza delle volontà libere può eludere il sistema replicando modelli di comportamento che lo disgreghino. Siamo pirati. Siamo carbonari…».

Manganello sobbalzò sulla sedia: «Anch’io la voglio!»

«Cosa?»

«La carbonara!». Avvinazzò. «Non parlavate di quella?»

NOTE

 

– 1 Simon Berger, artista svizzero nato nel 1976 che crea opere d’arte sul vetro a colpi di martello.

– 2 Congresso di Berna, 1876.

– 3 Comitato invisibile, ivi.

– 4 Paul Goodman, Individuo e comunità, 1995.

– 5 Amedeo Bertolo, Anarchici e orgogliosi di esserlo, ivi.

 

Editing a cura di Costanza Ghezzi

Immagine: Antonio Ligabue, Leopardo, 1955

 

36 – LA RIBELLIONE È ETICA

«Io e Manganello facciamo un salto alla macchinetta» disse Pottutto.

«Oh, grazie!» esclamò il maresciallo.

«La invito solo perché ha la chiavetta!» replicò il pubblico ministero risoluto. Poi sorridendo: «Scherzavo!». Gli batté una pacca sulla spalla e: «Andiamo!».

Dopo pochi minuti, rientrarono confabulando vivacemente sul culo di una praticante avvocata incontrata nei corridoi.

«Signorina Servile scriva pure che alle 18 e 10 ricomincia l’interrogatorio… Vogliamo ripartire col botto facendo un altro nome?». Pottutto a me.

«Non sia ingordo!» dissi. «E va bene, glielo farò: Prometeo.»

«Scriva Manganello, scriva!» si rivolse al suo fido scudiero. «E chi sarebbe questo Prometeo un bombarolo, un haker…? Dica dica!»

«È un mito!»

«Sentito Manganello, è un pezzo grosso!»

«Intendo il mito di Prometeo. Conoscete? Neanche avete visto il film di Ridley Scott?1 Peccato, i titoli di coda non sono male!» dissi. «Prometeo era un titano talmente amico degli uomini, che a volte per loro faceva delle sciocchezze appunto… titaniche!». Risi. «Come quando rubò ad Atena lo scrigno in cui erano riposte l’intelligenza e la memoria per donarle agli umani. Oppure quella volta in cui durante un banchetto fra uomini e dei, servì i pezzi di carne più succulenti ai suoi amici umani lasciando gli ossi a Zeus. Questi si offese così tanto che per ripicca tolse il fuoco dalla terra. Prometeo allora entrò di notte nell’Olimpo e rubò una torcia. Ancora una volta il padre degli dei si infuriò, ma stavolta fu meno tollerante. Lo fece incatenare in vetta a un monte con un’aquila che gli mangiava il fegato in continuazione. La storia prosegue con Pandora che apre il famoso vaso da cui fuoriescono tutti i tormenti dell’uomo, Prometeo che viene liberato, uccide l’aquila e vissero tutti felici e contenti… Almeno fino alla prossima volta, perché coi miti greci non si sta mai tranquilli!»

«Mi sa che non ho mai visto questo film!» ribadì Pottutto. «Lei, maresciallo?»

«Io guardo solo Fox Crime!»

«Ma perché vi ho raccontato questa storia?» chiesi.

«Già perché?»

«Perché Prometeo, rubando il fuoco agli dei per donarlo al genere umano, si comporta da ribelle. Quindi io adesso parlerò…?»

«Parlerà?»

«Parlerò?»

«Parlerà?»

«Parlerò di ribellione, dottore!»

«Non fa una piega!» Pottutto si contrasse.

«Quando l’individuo prende coscienza di sé ha ormai rifiutato l’autorità religiosa, politica, morale, sociale, economica, eccetera. È libero. È puro e percepisce pienamente le proprie potenzialità. Vorrebbe gridare di gioia, condividerla col mondo. Ma intorno c’è schiavitù, pregiudizio, ignoranza, assuefazione… Malatesta deve aver pensato a questo momento quando ha scritto di aprire degli spacci in cui la cocaina fosse venduta a prezzo di costo o anche sottocosto!2»

«Drogati!». Manganello si eccitò.

«Era una battuta! E comunque Malatesta non era drogato. Semplicemente cent’anni fa aveva già capito che la repressione è sempre business!» dissi. «Dopo lo spaesamento, l’iniziato si interroga sui propri sentimenti, sul proprio coraggio, su come poter esercitare pienamente la propria autonomia. La consapevolezza cresce. Il calore travolge. Si irradia nella schiena, pizzica la nuca, colora le guance…»

«Senta Dopraho, del trip dell’anarchico non è che…!». Pottutto intervenne spazientito. «Perché invece non mi racconta delle sue molteplici attività?»

«Mi faccia almeno parlare di quando l’iniziato incontra altri refrattari come lui!»

«Preferisco le attività!»

«Vuol sapere cosa faccio nel tempo libero?»

«Anarchiche… Solo un paio!»

«Sminuirei le altre. E poi non è la singola azione che conta, ma la scelta etica che le guida!»

«Perché avete un’etica voi bombaroli?» crocchiò Manganello.

«Ne ho già parlato all’inizio. Ricordate? L’etica anarchica poggia su due colonne. La prima è l’antiautoritarismo. La seconda è che vogliamo una società in cui libertà ed eguaglianza siano sempre in armonia

«Manganello prenda appunti!». Il PM lo redarguì vendendolo distratto.

«Scrivo sul tavolo?». Il maresciallo sventolò irruentemente i fogli riempiti con buffi disegni agresti.

Attendemmo tornasse dal bagno con un rotolo di carta igienica.

«Per l’anarchico che cosa sia giusto e morale è nell’aria che respira3. Quando si imbatte in un’ingiustizia, istintivamente si identifica con chi la subisce e da en dehors, da fuori dal mondo4 alla ricerca del profondo, nativo rapporto con la libertà5, si impegna per eliminarla.»

«Può essere più chiaro?»

«L’anarchico si identifica nella reazione al sopruso: il rifiuto categorico di un’intrusione giudicata intollerabile, che lo conduce alla sensazione di avere in qualche modo, e da qualche parte, ragione, lo porta a reagire. E nella ribellione vive la propria essenza: l’uomo che dice no dice anche sì fin dal suo primo muoversi afferma Camus6».

«Apprezzo il suo entusiasmo». Pottutto mi disinnescò. «Ma riusciamo ad arrivare al dunque prima che sia l’ora di cena?»

«Perché, ha fretta?»

«Vorrei passare al supermercato prima di rincasare!». E per giustificarsi mostrò il messaggio intimidatorio inoltrato dalla moglie.

«La lotta è il compimento etico dell’iniziazione anarchica. Pensiero e azione! Una lotta intellettuale attraverso la critica serrata e praticata mediante l’azione. Col pensiero si erode il sistema, con l’azione si dissolve l’ingiustizia e si crea una realtà in cui essa non possa germinare.»

«Poche chiacchiere, siete solo dei criminali!» rilevò Manganello caustico.

«Su questo non ci sono dubbi!» dissi. «L’anarchia è sempre presente quando il potere costituito crea iniquità, quando sorgono situazioni di scontro, le grandi eruzioni sociali che hanno un carattere imprevedibile e si presentano come eventi spontanei, in cui le persone reagiscono a ciò che avvertono come un’ingiustizia, un’aggressione, un abuso del presente7. Si chiami potestà, religione, monarchia, statalismo, burocrazia, tecnocrazia, scientocrazia, per reagire al dominio occorre violare le sue regole, quindi diventare criminali

«Non ha motivo di esaltarsi tanto!»

«E invece sì. Perché nel momento in cui il ribelle prende coscienza che la norma legittima l’ingiustizia, che senza di essa non ci sarebbe arbitrarietà e iniquità ma volontaria armonia, negarla è praticare la giustezza. E negare la norma, quindi essere quanto un criminale comune, come Hanna Arendt8 chiamava il disobbediente, lo esalta e lo realizza al contempo a prescindere dal disprezzo, dalla derisione, dall’emarginazione, dall’inevitabile persecuzione e repressione a cui lo sottoporrà il Potere. Ecco perché deve passare nel bosco9 per attuare la sua etica. La sua lotta è occulta, fuggevole, impercettibile, tuttavia non meno efficace. Appare, colpisce, sparisce come un guerrigliero.»

«Non ho capito» borbottò Manganello. «Sta dicendo che gli anarchici sono boscaioli?»

Sghignazzarono scambiandosi pacche, ammicchi, spintarelle.

Non sapendo che fare, infransi la loro stolta ilarità con un rutto.

 

NOTE

 

– 1 Prometheus, film di Ridley Scott, 2012.

– 2 Errico Malatesta, in Umanità Nova, pubbl. 10.8.22).

– 3 Ernst Jüngher, Trattato del ribelle, ivi.

– 4 Emile Armand, L’iniziazione individualista anarchica, ivi.

– 5 Ernst: Jüngher, Trattato del ribelle, ivi.

– 6 Albert Camus, L’uomo in rivolta, ivi.

– 7 Tomas Ibáñez, L’anarchia nel mondo contemporaneo, 2022.

– 8 Hannah Arendt, Disobbedienza civile, ivi.

– 9 Ernst Jünger, Trattato del ribelle, ivi.

 

Editing a cura di Costanza Ghezzi.

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